Se respirare è vivere, imparare a respirare nel modo giusto, significa imparare a vivere meglio.
 
Il termine sanscrito Prāṇāyāma è composto da due parole: Prāṇā e āyāma. Prāṇā significa “forza vitale” e āyāma significa “estensione/espansione”, quindi Prāṇāyāma può essere tradotto come ”espansione della forza vitale” o ”estensione del soffio vitale”.
 
La prima regola fondamentale, della respirazione yogica, è quella di respirare con il naso. Ciascuno di noi ordinariamente respira con la bocca, deprivando il naso di quelle funzioni primordiali di cui la natura stessa lo ha provvisto. I mezzi di difesa insiti nel naso servono prima di tutto a non far entrare, nel nostro organismo, le impurità contenute nell’aria. Infatti, questo organo, con le sue conche turbinate, tappezzate da un’infinità di ultrasensibili recettori nervosi, è in grado di rivelare le variazioni qualitative dell’aria.
 
La conoscenza e la padronanza del Respiro conduce la mente in uno stato di assorbimento e concentrazione stabili e profondi preparandoci ad un rilassamento più radicato e stabile.
 
Rilassarsi non significa collassare, significa allentare la tensione, una tensione accumulata nel corpo e nella mente in anni di ‘cattiva educazione’. Nel rilassamento non facciamo nulla, restiamo cioè in una condizione di ascolto attivo, di presenza, semplicemente lasciamo che il rilassamento e l’abbandono accadano. Per rilassarci davvero dobbiamo apprendere un nuova modalità e passare dalla modalità del fare a quella dell’essere. Se riusciamo a portare nella nostra vita un nuovo e positivo atteggiamento troveremo la strada della profonda guarigione e conoscenza di noi stessi. Un nuovo modo di vivere la vita in presenza, fiducia e accettazione. Accogliere e abbracciare ciò che ci accade e le nostre reazioni scioglie ogni tensione facendo spazio dentro di noi. Attraverso l’accettazione iniziamo a liberare resistenze, paure ed emozioni che impediscono alla gioia e alla serenità di emergere.
 
“Come un uccello trattenuto da una corda, avendo volato in tutte le direzioni, [alla fine] non raggiunge nessun luogo [e] si rifugia proprio [dove è fissato] nel cappio; così, davvero, o caro, la mente, avendo volato in tutte le direzioni, [alla fine] non raggiunge nessun luogo [e] si rifugia proprio nel respiro. O caro, la mente è davvero legata al respiro.”
 
Chāndogya Upaniṣad VI, 8, 2.